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Immortalità Digitale

Qualche anno fa il MIT lanciò nel 2019 il progetto Augmented Eternity che si prefiggeva lo scopo di attingere alle memorie digitali soprattutto di manager, per continuare ad avvalersi delle loro esperienze anche dopo la propria morte. Grazie ad un’app di intelligenza artificiale infatti via chat, era possibile porre domande e, sulla base dei consigli ricevuti “a posteriori”, decidere cosa fare.
Immortale mente

Quali parametri ed informazioni utilizziamo per identificare una persona? I tratti somatici del viso? La sua voce? Le sue passioni? Tutto chiaramente concorre a questo scopo, ma di sicuro l’elemento indiscusso a cui tutto fa capo, è il cervello. La sua capacità di archiviare ricordi, elaborare decisioni, esprimere sentimenti e sensazioni, rendono per elezione (il cervello) il miglior candidato per raggiungere l’obiettivo dell’immortalità. Anche se non si tratta di immortalità corporea (su quella ancora non ci siamo arrivati) possiamo certamente parlare di immortalità mentale. Quante volte ci sarebbe bastato parlare al telefono con un nostro defunto. Raccontargli cosa ci è successo, chiedergli consigli e tutto quello viene effettuato in una classica comunicazione telefonica. 

 

Le origini

 

Qualche anno fa il MIT lanciò nel 2019 il progetto Augmented Eternity che si prefiggeva lo scopo di attingere alle memorie digitali soprattutto di manager, per  continuare ad avvalersi delle loro esperienze anche dopo la propria morte. Grazie ad un’app di intelligenza artificiale infatti via chat, era possibile porre domande e, sulla base dei  consigli ricevuti “a posteriori”, decidere cosa fare. 

Sappiamo che le applicazioni di intelligenza artficiale per fornire una risposta coerente devono poter attingere ad una grossa quantità di dati organizzati archiviati nel tempo. In realtà molte  informazioni sono già reperibili attraverso i vari social network (Facebook, Instagram, Twitter, ecc..), a dimostrazione di ciò, solo di pochi utenti se ne chiede la cancellazione a fronte di diversi milioni che ne muoiono e regolamente registrati. Gli altri quindi rimangono in silenzio, senza nessuna rivendicazione di appartenenza parentale. 

 

Ma questa oppotunità come potrebbe essere sfruttata nel metaverso?
Abbiamo a disposizione oggi tutta una serie di risorse a portata di smartphone che sfruttano l’Intelligenza Artificiale (di cui nella maggiorparte dei casi ne siamo incosapevoli), e una quantità smisurata di dati che viaggiano (e atterrano da qualche parte) in rete. Le potenzialità che promette il metaverso di entrare virtualmente in un’altra dimensione sembra proprio l’ambiente ideale per questi incontri con i nostri defunti. Lo so è ai confini tra il tetro e l’intrigante, ma iniziamoci ad abituare all’idea.

 

Privacy e non solo
Dato per assunto che (come avviene per le nostre decisioni) debba esistere un connubio tra conoscnza (dati archiviati) e come collegare queste in base a criteri logici, ad oggi può essere difficile proprio questa seconda esigenza, per rendere un avatar “ragionante”. Ma, se (un pò come avviene per la donazione degli organi) attraverso il proprio consenso in vita il sistema venisse istruito attraverso una serie di risposte a domende e a un continuo audit sui nostri comportamenti e scelte, sicuramente il giacimento di dati sarebbe ancor piu’ completo, per continuare a vivere “digitalmente” anche dopo la nostra morte.

 

 

Da tenere d’occhio
Artur Sychov è il fondatore di Somnium Space. Qualche anno fa al padre fu diagnosticato un tumore che gli lasciava pochi mesi di vita. L’idea che i propri figli non avrebbero potuto conoscere il nonno gli fece venire in mente di integrare all’interno della piattaforma di cui era fondatore una nuova funzionalità chiamata Live Forever  che permettesse alle persone di conservare momenti, emozioni  che poi sarebbero stati  replicati  in un avatar che raggionasse e prendesse sembianze, e movenze della persona reale condinuando a farlo anche dopo la sua morte. In un’intervista Sychov afferma: “La quantità di dati che potremmo raccogliere su di te è probabilmente dalle 100 alle 300 volte più ampia, realisticamente parlando, di quanto avviene tramite uno smartphone”.  La tecnologia che orbita attorno alla realtà virtuale può raccogliere informazioni ulteriori quali; il modo in cui muovi dita, la bocca, le verie mimiche del viso, come muovi il tuo corpo e  tanti altri parametri, che possono identificare con sempre piu’ precisione una persona.  

Somnium Space ha anche da poco stretto una  partnership con Teslasuit (leggi l’articolo in cui ne parlo),  che sta sviluppando una tuta aptica per la Realtà Virtuale che  acquisirà anche tutta una serie di dati biometrici (pressione sanguigna, frequenza, livelo di stress, ecc.) al fine di arricchire la base dati informativa sulla persona. 

 

Per apprfondire:  sito ufficiale SOMNUM SPACE

Articolo interessante di Mo2:https://www.m2o.it/articoli/il-metaverso-e-pronto-a-renderci-immortali

 

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