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Sine che? SINESTESIA e se ne soffrissimo senza saperlo?

Oggi mi va prima di parlarvi di un interessante argomento anticipandolo lo con la presentazione di; Temple Grandin. Una zoologa statunitense nata a Boston nel 1947, laureata in psicologia con dottorato in Scienze animali esperta nello studio dello stress nei bovini da allevamento, docente, e ritenuta la maggiore esperta nella progettazione degli allevamenti.  Attivista per la difesa dei diritti delle persone affette da autismo, è autrice di numerosi studi sul linguaggio e le emozioni degli animali. Tra i testi dedicati all’autismo pubblicati in italiano vanno ricordati Pensare in immagini e altre testimonianze della mia vita di autistica, 2001), la raccolta di saggi Visti da vicino. La sua storia raccontata nel film “Temple Grandin “. Questo film oltre ad essere ben fatto ed interpretato da attori molto bravi, viene molto usato  per trasmettere soprattutto ai ragazzi, non solo speranza sulla diversità, ma anche per esplorare il mistero profondo delle infinite possibilità della mente umana.


Perché questa introduzione? Perché quello della Grandin è un esempio emblematico di come la diversa percezione delle cose possa non sempre essere una penalizzazione, ma anzi un valore aggiunto, per mettersi in sinergia con dimensioni (seppur esistenti),  invisibili ai piu’. Ho scoperto questo termine, durante le mie sperimentazioni sulla sonificazione (vedi www.sonificart.it) per il mio maniacale desiterio di contaminare l’udito con gli altri senzi, per creare esperienze diverse di percezione del suono. 


Ma cosè la Sinestesia?

E’ un fenomeno sensoriale / percettivo (non cognitivo) in cui la stimolazione di un senso è associata a quella di un altro. Non si tratta di una malattia, ma di una vera e propria sovrapposizione di sensi, in cui uno  ne attiva un altro simultaneamente e viceversa. Non a caso il termine sinestesia deriva dall’unione di due parole greche, syn (insieme) e aisthesis (percezione), che significa appunto “percepire insieme”.

Personalmente non immagino questo fenomeno come un disordine sensoriale ma una sorta di senso aggiuntivo oltre ai cinque che abbiamo. Una specie di nuovo colore scaturito dall’unione di due colori già presenti sulla tavolozza. I due colori si annullano (o forse si amoplificano a vicenda) dando vita ad un nuovo colore. A proposito di colori, una persona affetta da sinestesia ad esempio alla vista di un colorore automaticamente fa corrispondere un suono o un numero, o ad un sapore. Creare artificialmente quindi scenari sinestetici è ciò che maggiormente impegna la mia ricerca. Che sia un quadro, la corteccia di un albero, o una qualsiasi cosa grazie alla tecnologia digitale è possibile simulare il processo associativo che avviene nel cervello di chi è affetto da sisnestesia.

Conclusioni

Personalmente a parte casi clinicamente critici la possibilità di avere confini “morbidi” che definiscono i nostri sensi, è di sicuro uno stimolo meraviglioso, per nuove esperienze sensoriali e creative.  

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