In questi giorni, ho fatto una rapida indagine (non rappresentativa naturalmente) su quanti hanno installato l’app Immuni. Quasi tutti dai 60 anni in poi, mi hanno detto: Immu che? Da li la facile deduzione… Poi ci sono state due tipologie di persone. Quelle che l’hanno installata e se la tengono, e quelli che invece dopo un pò l’hanno disinstallata. Personalmente l’ho provata appena uscita, ma ho notato un forte assorbimento di energia, e l’ho disinstallata quasi subito. Senza fare dietrologia, ma era prevedibile che un progetto cosi elevato nella sua finalità, avrebbe dovuto fare i conti con l’eterogeneita’ di un’utenza finale (sia in termini di obsolescenza degli smartphone in circolazione e quindi non adatti a installare Immuni, sia per la resistenza fisiologica da parte di categorie meno avvezze al digitale). Senza entrare troppo nelle specificità tecniche dell’app, è bene tenere a mente che per funzionare prevede che sia attivato il GPS ed il Bluetooth. Il primo per segnare il luogo geografico di dove siamo, ed il secondo per determinare quali altre persone in possesso dell’app, si avvicinano a noi ad una portata di circa 2 Mt, sempre chè (è bene ricordarlo) quando usciamo abbiamo appresso il nostro smartphone. Insomma diciamocelo chiaramente è un’app per una specifica tipologia di utenti, in grado cioè, di avere uno smartphone di ultima generazione e che lo utilizzi praticamente sempre. Già all’inizio quando si era iniziato a pensare a come la tecnologia potesse agevolare il distanziamento sociale ed il monitoraggio attivo dell’epidemia, si erano fatte avanti svariate soluzioni, sempre ognuna cozzava con la mannaia della tutela della Privacy. Senza fare dietrologia sterile o proporsi a tutti i costi come opinionisti dell’ultima ora, il termini di costi benefici, forse si sarebbe potuto optare per soluzioni tecnologicamente piu’ invasive in termini di privacy, ma che avrebbero sicuramente avuto un maggiore consenso di utilizzo. Ad esempio un bracciale che integrasse al suo interno già un GPS e magari acquisisse direttamente informazioni sui parametri vitali (febbre, pressione, saturazione, ecc..) come accade già da tempo con i device wearable (indossabili), cosi come ce ne sono tantissimi soprattutto utilizzati per finalità sportive, acquisendo informazioni su; temperatura corporea, saturazione, battito cardiaco, e tanto altro. In questo modo (come accade oggi con le mascherine) si sarebbe potuto obbligare di indossare il braccialetto per uscire. Da un punto di vista dell privacy sarebbe bastata l’accettazione preliminare di un consenso da parte di chi lo indossava per rispondere a tutte le varie esigenze dettate dal GDPR. Della serie, si è vero ti traccio e acquisisco le informazioni, ma ti informo di cosa ne faccio a fronte della tua autorizzazione. E’ di questi giorni la notizia che la Apple e Google, hanno collaborato per integrare nei prossimoi aggiornamento dei rispettivi sistemi operativi sugli smartphone, un’app nativa che ricalca le funzionalità di Immuni. Le rispettive aziende sottolineano che le proprie App non andrebbero a sostituire Immuni, ma che la integrerebbero. Ancora una volta (come per Immuni) va chiarita la posizione dei Garanti per la privacy europei, per dare il via libera alla distribuzione su larga scala.