Difficile questo momento per tutti, soprattutto per chi già combatte ogni giorno per imparare a vivere in una società come la nostra cosi selettiva e poco aperta alla diversità. E’ vero, che avere a che fare con la diversità ci pone sempre davanti ad un dilemma. Ci entro dentro o ne resto fuori? Sposto cioè la mia angolazione, nel vedere e vivere le cose o rimango li dove sono e tutto il resto si adegua? Da questa scelta ne susseguono altre, e altre ancora, tutte sempre contro corrente, e capaci di infiacchirti fino all’esasperazione ma anche di metterci davanti ai nostri limiti, ma rincuorati dalla forza di ricevere un amore cosi pulito che ci mette soggezione. Questa esperienza (che non tutti sono chiamati a fare) è quella che vivo io, padre di un figlio DOWN. Vorrei che questo post diventi virale, in questo tempo nel quale oramai tutti sanno cosa sia un virus. Mi piacerebbe pensare, che questo tempo di fermo per tutti non sia per maledire la propria storia, ma di ripensarla. Di vedere come sia stato possibile arrivare sin qui. Di vedere di come in fondo non siamo cosi tanto invincibili e forti. Perchè ci basta molto poco per soccombere.
Strano, siamo fermi eppure questo è il tempo della raccolta. Raccogliamo il risultato della semina nei giorni che cosi tanto non apprezzavamo perchè “normali”. Passiamo cosi tanto tempo della nostra esistenza ad evitare quello che non controlliamo (quello che è diverso) che la normalità viene approssimata. Una specie di bella spalmata di stucco sulle fenditure della nostra vita, che poi ci si trova come in questi giorni a fare i conti con i pezzi che cadono e a scandalizzarci con quello “che c’è sotto”. Quello che insegna avere un figlio DOWN è che lo stucco non serve. La forza della sincerità, l’incapacità di mentire, il vivere con le proprie debolezze, limiti e ritardi, non sono altro che evidenziatori sulla propria esistenza, ma sono anche insegnamenti, in un vivere il pudore di essere diverso.